Elezioni del Consiglio d’Istituto del Liceo Volta

Elezioni scolastiche

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Giovanni Ligas arrivò in classe con gli occhi color grigio topo che brillavano d’eccitazione da dietro le spesse lenti da cieco.

Quella mattina era in programma il megadibattito definitivo per la chiusura della campagna elettorale per l’elezione della componente studentesca nel Consiglio d’Istituto del Liceo Volta.

L’attesissimo evento per il Ligas garantiva nell’ordine:

  • Mezza giornata di cazzeggio totale
  • Il rinvio di interrogazioni e compiti in classe precedentemente fissati per quella stessa data
  • La possibilità di realizzare nuovi e compromettenti e pruriginosi filmati catturando con la cinepresa VHS i momenti più imbarazzanti della giornata.

“Quest’anno riuscirò a filmare le mutandine della Romualda” dichiarò Ligas con un ghigno perverso disegnato sul volto.

La Romualda era una dissoluta studentessa del quinto anno, indossatrice abituale di minigonne inguinali, e sogno erotico ricorrente per guardoni, maniaci sessuali e segaioli del primo anno.

“Non dire cazzate! Lo sanno tutti che quella troia non porta le mutande” sentenziò Ciccio Giuliacci con assoluta sicurezza.

“Magari tu ci riuscissi” commentò Mario Bonaldi con un filo di voce lontanamente ingrifata.

“E come pensi di fare?” si interessò Andreas Germano detto il Capitano fingendo indifferenza.

“Mi apposterò un paio di gradinate sotto la sua”

“E sei lei si accorge che la stai filmando?” obiettò Dino Francescato, mentre con la mente stava già immaginando di affondare la faccia tra le cosce della Romualda.

“Se si accorge allargherà le gambe per farsi filmare meglio” affermò Giuliacci con sicumera ancora maggiore.

A quel pensiero gli occhi languidi e sognanti di Bonaldi, Francescato e Ligas si incrociarono in un silenzio imbarazzato e carico di aspettative.

“Basta farsi le seghe frocetti” intervenne Franco Sparapizze, “oggi andiamo in guerra” aggiunse.

Lui, Giuliacci e Bonaldi erano stati reclutati tra i supporters della lista di estrema destra “Compagnia dell’anello” presentata da alcuni esponenti locali del Fronte della Gioventù, con la promessa di essere accolti tra gli ultras interisti nella curva Nord di San Siro a Milano. Per essere giudicati degni di tale sacra iniziazione però, dovevano prima dimostrare di essere dei veri hooligan, supportando con ogni mezzo i candidati della “Compagnia dell’anello” durante il megadibattito definitivo di quella mattina.

“Controlliamo le attrezzature” ordinò Sparapizze, che per l’indole manesca ed il piglio decisionista era stato nominato a capo del piccolo manipolo.

Bonaldi aprì lo zaino ed estrasse con orgoglio il suo equipaggiamento:

  • un tirapugni in ferro borchiato con l’effige del Duce
  • elmo di lamiera in stile vichingo
  • due bottiglioni da 1,5 litri di Gutturnio frizzante
  • ginocchiere da pallavolista professionista
  • paradenti da boxer
  • una stella rotante da ninja giapponese.

“Ora tocca a me” disse Ciccio Giuliacci mostrando il suo armamentario:

  • un pentolone in ghisa pesantissimo riadattato ad elmo da combattimento
  • una coppia di Nunchaku modello Bruce Lee
  • un bottiglione in plastica ripugnante pieno di piscio
  • una scatola di gavettoni da riempire con il contenuto del bottiglione
  • un coltellino svizzero
  • dieci biglie di ferro
  • una fionda in acciaio inox
  • nastro adesivo
  • una sparachiodi elettrica
  • un sacchettone di chiodi da 8 cm.

Franco Sparapizze osservò con fare compiaciuto le armi preparate dai suoi sottoposti, poi mentre un lampo di follia gli balenava tra gli occhi, si decise a rivelare le sue dotazioni:

  • un manganello in legno stagionato e durissimo
  • un coltello a serramanico vietatissimo
  • dello spray urticante al peperoncino
  • dodici lattine di birra
  • sei petardi di categoria 4
  • una catapulta portatile
  • una bomba a mano residuato bellico della seconda guerra mondiale
  • e per finire l’arma più micidiale, due buste di plastica trasparenti richiudibili imbottite di merda umana di produzione propria.

Recuperato l’equipaggiamento gli studenti si avviarono con il resto della classe verso l’aula magna dove era in programma il dibattito. La disposizione dei posti era libera, e di conseguenza gli studenti più politicizzati presero posizione secondo le proprie ideologie.

Bonaldi, Sparapizze, Giuliacci e Marino Fabrizi detto Peto presero posto nel settore di estrema destra insieme agli studenti del Fronte della Gioventù.

Gabriele Micheli, Franco Ernesti, Dino Francescato e Pino Insegna si appostarono tra gli studenti comunisti e dell’estrema sinistra.

Efrem Geremia, Jonny Tristezza, Zeno Cremona, Germano il Capitano e Giovanni Ligas si posizionarono al centro dove erano riservati i posti destinati agli ignavi, ai fancazzisti privi di opinione politica, ed infine, anche se solo in minima parte, ai militanti cattolici di Comunione e Liberazione.

Questi ultimi erano tutti equipaggiati con santini di Padre Pio, rosari in legno a grani grossi, cilicio e flagello per autoinfliggersi penitenze corporali.

Tra i supporters di CL figuravano Maria Benedetti detta Suor Cosetta per l’umile portamento e la fede radicale, Mara Coppe, famosa per le grosse tette e la passione per le motociclette, Alessandro Bianchi capo animatore dell’oratorio di Castel San Giovanni, e persino, anche se solo segretamente, Andreas Germano il Capitano.

La stragrande maggioranza degli studenti era comunque da annoverare tra gli ignavi ed i fancazzisti, e tra questi figurava anche la Romualda, come sempre in minigonna.

Giovanni Ligas si era quindi seduto come programmato qualche fila più in basso, in posizione strategica, da dove avrebbe filmato il dibattito, le opposte tifoserie sulle ali estreme dell’aula, e, soprattutto, le gambe della Romualda.

Oltre alla “Compagnia dell’anello” si erano presentate altre due liste: “Esproprio Proletario” per le sinistre e “Preghiera ed amicizia” per Comunione e liberazione.

Per ogni lista vi erano tre candidati ed il sistema elettorale per assegnare i tre seggi in Consiglio d’Istituto riservati agli studenti era il proporzionale puro con ripartizione dei seggi secondo il metodo D’Hondt con voto di preferenza.

Questi erano i nove candidati suddivisi per liste.

Compagnia dell’anello

  • Capolista: Benito Italo Maria Farinetti, segretario locale del Fronte della Gioventù, capitano della squadra di rugby Lyons di Piacenza, alto un metro e novanta per 130 kg di muscoli e cattiveria.
  • Picchio Faina, conosciuto da tutti per l’abitudine di indossare sempre camice nere.
  • Arianna Aida Monti, bella e crudele, esperta di arti marziali, combattimenti corpo a corpo ed armi da taglio.

Preghiera ed Amicizia

  • Capolista: Contessina Ugobalda Maria Assunta Scotti, discendente del Conte Buso, spietatissima e aspirante cantante lirica.
  • Celestino Astinenza, cattolicissimo, intransigente, super-conservatore.
  • Angela Speranza, soprannominata Vergine di Ferro, timorata di Dio, capo scout e giovane consigliere comunale di Castel San Giovanni per la Democrazia Cristiana.

Esproprio Proletario

  • Capolista: Fausto Truzzone, capo dei giovani comunisti, attivista del Centro Sociale Belfagor di Piacenza, cannaiolo abituale e aspirante brigatista rosso.
  • Clorinda Strozzabue, una carogna ferocissima, grossa come un armadio a due ante, con la sesta di seno, i peli sul petto, un sigaro cubano sempre in bocca, ed una rotaia arrotolata infilata nel naso a guisa d’orecchino.
  • Ancilla Gina Saffo, bellissima e sensuale, lesbicona dichiarata, presidente del gruppo giovani donne dell’Arcigay di Piacenza.

Il regolamento del dibattito prevedeva un intervento di apertura per ciascuna lista della durata di quindici minuti, e successivamente 2 giri da 5 minuti ciascuno per le repliche.

Un meschino sorteggione pilotato dal Professor Palmiro Perdenti, che parteggiava spudoratamente per le sinistre, aveva stabilito che parlassero nell’ordine: “Esproprio Proletario” “Preghiera ed Amicizia” “Compagnia dell’anello”.

Si trattava di una subdola manovra orchestrata per favorire la sinistra, perché notoriamente dopo i primi cinque minuti dall’inizio del dibattito, la stragrande maggioranza degli studenti composta di ignavi e fancazzisti avrebbe smesso di ascoltare gli oratori per dedicarsi a qualsiasi altro tipo di attività, più o meno ludica.

Nei settori della destra si sollevarono vivaci proteste.

Ciccio Giuliacci, Franco Sparapizze e Mario Bonaldi cominciarono a bere birra per prepararsi alla battaglia.

Per massimizzare il vantaggio, con una mossa astutissima, Fausto Truzzone aveva incaricato Ancilla Gina Saffo di parlare per prima esponendo il programma della loro lista.  La Saffo infatti, per quanto lesbica, era pur sempre una gran gnocca da competizione, ed appena si alzò per parlare, ottenne l’immediata attenzione di tutto il pubblico maschile. I più vicini, seduti nelle prime file, la guardavano imbambolati a bocca aperta con occhi da pesce lesso, ed i più preoccupati sessualmente iniziarono anche a sbavare.

Giovanni Ligas, da due anni innamorato della Saffo, era in estasi mistica, incredulo di avere una così strepitosa occasione per filmare con primi piani ginecologici ogni centimetro della bella candidata dalle labbra carnose e seducenti, e senza rischiare pericolose rappresaglie protetto dal sacrosanto diritto di cronaca.

L’intervento della Saffo ottenne un incredibile successo. Il programma in tre semplici punti ottenne applausi e consensi in un crescendo clamoroso.

La prima proposta di installare distributori di profilattici nei bagni fu accompagnata da applausi ed acclamazioni.

La seconda proposta di introdurre due giorni di autogestione ogni tre settimane fu accolta da applausi prolungati, standing ovation ed acclamazioni vivissime.

La terza proposta di introdurre lezioni di educazione sessuale autogestite per l’amore lesbico, comprensive di videoproiezioni dimostrative, scatenò incontenibili ovazioni con cori da stadio, ola, dieci minuti di applausi, ed eiaculazioni precoci ai pesci lessi imbambolati delle prime file.

A quel punto, per le altre liste, le cose si erano già messe decisamente molto male.

Alcuni attivisti di CL iniziarono allora ad autoflagellarsi pubblicamente per protesta, mentre i più moderati recitavano un rosarione collettivo ad alta voce guidati dal Capitano in modalità religiosa.

Ad un cenno bellicoso di Benito Italo Maria Farinetti, le frange dell’estrema destra passarono invece ad azioni ben più incisive.

Il più veloce fu Ciccio Giuliacci. Impugnata la fionda in acciaio inox, cominciò a lanciare le biglie di ferro verso gli oratori di “Esproprio Proletario.” A causa delle ingombranti dimensioni, la Clorinda Strozzabue fu colpita più volte, ma senza riportare danni, grazie alla protezione airbag garantita del gigantesco seno taglia sesta. Soltanto una biglia deviata dalla rotaia infilata nel naso provocò qualche effetto, andando ad urtare la nuca di Dino Francescato seduto in prima fila, che svenne in avanti privo di sensi.

Franco Sparapizze, posizionata la catapulta portatile, iniziò a bombardare le postazioni nemiche con l’artiglieria pesante: i sei petardi di categoria 4 esplosero con fragore seminando il panico.

Mario Bonaldi stappò i bottiglioni di Gutturnio frizzante e cominciò a bere a garganella.

La reazione dei rossi fu immediata. Fausto Truzzone ordinò ai suoi seguaci di improvvisare delle barricate con tavoli, sedie, zaini, e persino corpi umani, issando sulle fortificazioni i poveracci che colpiti dai petardi o dalle biglie di ferro erano già crollati a terra privi dei sensi.

Contemporaneamente alcuni attivisti dei centri sociali che si erano addestrati alle tecniche militari presso il centro sociale Leoncavallo di Milano, attaccarono le destre con un assalto all’arma bianca. A guidare la carica Clorinda Strozzabue.  Erano tutti equipaggiati con spranghe, chiavi inglesi o catene.

I candidati di “Preghiera ed amicizia” furono travolti e si ritirarono sgomenti. La contessina Ugobalda Maria Assunta Scotti era inviperita, perché a causa della concitazione del momento si era rotta un’unghia. Riuscì comunque a raggiungere un’uscita di sicurezza meditando propositi di vendetta.

Il gruppo Strozzabue proseguì la sua avanzata sino ad entrare in contatto fisico con i candidati della “Compagnia dell’anello.” Questi ultimi non avevano ancora avuto modo di mostrare le loro capacità oratorie, adesso potevano in compenso dare sfoggio delle proprie capacità di combattimento, e quindi ne seguì una rissa violentissima.

Nel settore delle destre, intanto, Ciccio Giuliacci dopo aver esaurito le biglie di ferro abbandonò la fionda per impugnare la pistola sparachiodi e mitragliare i comunisti. Fece una stage colpendo nell’ordine: il professor Perdenti alla mano sinistra, Franco Ernesti alla gamba destra, tre studentesse rosse alla schiena e per ultimo, in piena fronte, Dino Francescato, che si era appena ripreso dal precedente svenimento. Tutti i feriti si accasciarono a terra sanguinanti fra atroci lamenti.

Mario Bonaldi continuava a bere Gutturnio frizzante.

Dalla parte dei comunisti non rimasero certo a guardare, alcuni cominciarono a lanciare mattoni e sampietrini che si erano portati da casa, mentre i più ingegnosi come Gabriele Micheli e Pino Insegna stavano costruendo delle rudimentali bombe carta.

Il primo a terminare l’ordigno fu il Micheli, e stava per lanciarlo contro le destre quando fu raggiunto da un Dino Francescato inferocito e con un chiodo conficcato nella testa.

“Voglio lanciare io” urlò con impeto carico d’odio e desideroso di vendicarsi.

Francescato afferrò quindi la bomba e si piegò all’indietro per effettuare il lancio, ma il Micheli aveva sbagliato a calcolare la lunghezza della miccia e l’ordigno gli scoppiò in mano maciullandogli le falangi.

La bomba preparata da Pino Insegna non ebbe maggior fortuna. La lunghezza della miccia era giusta, ma a risultare troppo corta fu la gittata del lancio. L’esplosivo esaurì precocemente la sua parabola schiantandosi sulla Romualda, che si era accucciata in un angolo per proteggersi dagli scontri. A causa dello scoppio rotolò a terra svenuta e con le gambe divaricate.

Ligas si fiondò come un avvoltoio sul corpo esanime della ragazza, ed approfittò della situazione per filmarla sotto la gonna.

Ancilla Gina Saffo assistette da vicino a tutta la scena. Già in precedenza irritata dalle riprese effettuate dal Ligas con la VHS, fu ulteriormente nauseata da quell’ignobile comportamento.

“Sei uno schifoso porco pervertito!” lo accusò con disprezzo.

Ligas avvampò per la vergogna e l’imbarazzo, poi lei gli sparò un calcio micidiale nelle palle e lui assunse un colore bianco cadaverico, prima di svenire all’indietro, dopo aver squarciato l’aria con un disumano urlo di dolore.

Ai piedi del settore della destra continuava la terrificante rissa tra il gruppo Strozzabue ed i candidati della “Compagnia dell’anello.” Picchio Faina era stato il primo a cadere, preso a sprangate dai rossi stava rantolando a terra con la testa sfondata. Arianna Aida Monti e Benito Italo Maria Farinetti, nonostante l’inferiorità numerica, erano al contrario determinati a vender cara la pelle e picchiavano come due indemoniati: lei a colpi di Karate, lui facendo ricorso a tutta la sua prestanza fisica da rugbista professionista.

Sopra di loro, terminati anche i chiodi, Ciccio Giuliacci aveva iniziato a caricare i gavettoni di piscio, e Franco Sparapizze li lanciava con la catapulta verso i settori occupati dai nemici.

Bonaldi era ancora attaccato ai bottiglioni di Gutturnio frizzante e mostrava i primi inequivocabili segni d’ebrezza.

I gavettoni di piscio volarono silenziosi contro i loro bersagli provocando perdite elevatissime tra i rossi. Tra gli altri, anche Gabriele Micheli, Franco Ernesti e Fausto Truzzone furono colpiti mortalmente e costretti a ritirarsi nei cessi per lavarsi, sopraffatti dal disgusto.

Anche gli equilibri della megarissa sembravano cambiati in favore della destra. Farinetti e la Monti, anche se piuttosto malconci, erano ancora in piedi, mentre ben cinque combattenti comunisti giacevano a terra in fin di vita, con le ossa rotte ed i volti tumefatti. Soltanto la Clorinda Strozzabue armata di una grossa chiave inglese era ancora in grado di combattere.

La Monti si lanciò all’attacco per prima e colpì in piena faccia la Clorinda con uno spettacolare calcio rotante. Poi fu la volta del Farinetti, che cercò di abbatterla provando un tremendo placcaggio alto.

Ma la Strozzabue rimase in piedi ed anche se aveva perduto la grossa chiave inglese reagì con ferocia afferrando la Monti per il collo. Sembrava pronta a strappargli la gola senza la minima traccia di rimorso.

Continuò a strangolarla anche mentre il Farinetti la prendeva a calci nel culo, e persino quando la colpì ripetutamente alla nuca con una grossa spranga di ferro insanguinata che aveva raccolto da terra.

Alla quinta sprangata sulla durissima testa, il pezzo di ferro si piegò divenendo inutilizzabile. Intanto la Monti si era afflosciata come un sacco vuoto e fu gettata a terra completamente esanime.

I denti della Clorinda erano a quel punto scoperti in un ghigno selvaggio e vagamente furioso, mentre si diresse verso il Farinetti per lo scontro finale.

Si affrontarono in un corpo a corpo mortale dove ad avere la peggio fu il rugbista di Piacenza, costretto alla resa quando fu colpito in piena faccia da una tremenda testata che gli ruppe il naso e gli sfondò la calotta cranica.

I rossi passarono al contrattacco anche sulle gradinate. Pino Insegna aveva infatti approntato un’arma segreta, confezionando una bottiglia molotov a regola d’arte.

Questa volta il lanciò fu perfetto e l’ordigno incendiario colpì in pieno Marino Fabrizi detto Peto, proprio nell’istante in cui stava sganciando uno dei suoi proverbiali e temutissimi scorreggioni.

L’effetto combinato dei gas putrescenti con la deflagrazione della bottiglia molotov amplificò la detonazione di cinquecento volte. L’esplosione galattica e la successiva onda d’urto spazzarono via le vetrate dell’aula magna e le barricate, sbalzarono il corpo di Fabrizi Peto a settecento metri di distanza e diedero fuoco all’edificio.

La gran parte dei giovani del Fronte furono travolti dallo scoppio ed anche Ciccio Giuliacci, Franco Sparapizze e Mario Bonaldi riportarono ustioni di terzo grado sulla faccia e sulle mani.

Bonaldi aveva anche finito di bere il secondo bottiglione da 1,5 litri di Gutturnio frizzante ed era completamente sbronzo. Cominciò a parlare da solo pronunciando frasi senza senso.

La situazione per le destre era ormai disperata, ma Franco Sparapizze non era disposto ad arrendersi. Rimessa in piedi la catapulta la caricò con le ultime munizioni, le più letali: i sacchi di plastica richiudibili imbottiti di merda.

Il primo lancio fu seguito dai pochi superstiti in un silenzio surreale, accompagnato dal solo crepitio delle fiamme che stavano lentamente avvolgendo tutta l’aula magna. Il proietto scoppiò con un fragore sinistro sulla faccia del professor Perdenti, che crollò immediatamente a terra con i baffoni alla Stalin orridamente smerdati.

Il secondo gavettone disegnò una parabola leggermente più arcuata ed andò a spiaccicarsi sulla testa di Dino Francescato, appena rientrato dall’infermeria dove gli avevano estratto il chiodo dalla fronte e fasciato la mano spappolata. Il Francescato cominciò a piangere in silenzio, mentre rivoli di escrementi gli colavano sulla faccia.

Intanto la Clorinda si era arrampicata verso le postazioni di Sparapizze e Giuliacci e minacciava di raggiungerli.

Giuliacci si fece prendere dal panico. Afferrò i Nunchaku modello Bruce Lee, e nel tentativo di intimorire la Clorinda iniziò a maneggiarli come solo un esperto lottatore di kung fu avrebbe saputo fare. Ma Ciccio Giuliacci era solo un principiante, e per errore si fracassò gli occhiali, il naso, le labbra, aprendosi anche una ferita sull’arcata sopraciliare destra. Praticamente si era autodistrutto la faccia e cadde in avanti in una maschera di sangue.

Franco Sparapizze era rimasto solo ad affrontare la minacciosa Clorinda che si stava avvicinando grugnendo come un cinghiale e con i peli sul petto in bella vista.

Ma lui non si lasciò impressionare, prese dallo zaino ciò che gli era rimasto, una bomba a mano della seconda guerra mondiale, e la lanciò contro la ragazzona comunista.

Il residuato bellico atterrò tra gli enormi seni della ragazza e sparì all’interno della scollatura. La successiva esplosione fu completamente attutita dalle generose forme della Strozzabue, soltanto una nuvoletta di acre fumo nero fuoriuscì dal suo reggipetto senza che ciò potesse minimamente fermarla.

Sparapizze non era comunque tipo da scoraggiarsi, impugnò il manganello di legno stagionato durissimo e andò incontro alla Clorinda per bastonarla a dovere. Ma i suoi fendenti o andarono a vuoto, oppure si infransero sulle membra muscolose della donna. Lei passò quindi all’attacco con un destro terrificante che investì lo Sparapizze sul mento come un autotreno lanciato a tutta velocità. Il poveraccio finì al tappeto al primo colpo, senza avere nemmeno il tempo di tentare un ultimo disperato affondo con il coltello a serramanico.

La Strozzabue però non sembrava ancora soddisfatta, e decise di finire lo Sparapizze sedendogli sulla faccia per schiacciarlo in una morsa soffocante.

Franco Sparapizze fu salvato dall’arrivo di un battaglione della polizia in tenuta antisommossa. I poliziotti fecero irruzione nell’edificio e arrestarono tutti gli studenti che si reggevano ancora sulle proprio gambe, compresa la Strozzabue. Questa fu fermata appena in tempo, un attimo prima che si lasciasse cadere con il suo enorme culone sulla faccia dello Sparapizze.

Per errore furono ingabbiati anche Zeno Cremona ed Ilaria Cassandra, che per tutta la durata della battaglia si erano fatti i cazzi loro fumando marijuana e limonando duro in disparte.

I prigionieri politici più in vista furono costretti a sfilare in catene sotto alle finestre della presidenza, da dove un comitato di studenti di CL guidato dalla Contessina Ugobalda Maria Assunta Scotti poté infierire su di loro con lancio di ortaggi, sputi, dileggi ed umiliazioni pubbliche di vario genere.

Le elezioni si tennero regolarmente due giorni dopo nell’aula magna incendiata, ed il risultato consegnò una vittoria schiacciante alla lista di “Esproprio Proletario” che si aggiudicò due dei tre seggi disponibili. Furono eletti Fausto Truzzone e Ancilla Gina Saffo che ottenne il più alto numero di preferenze di ogni tempo. Il terzo seggio fu assegnato a “Preghiera e Amicizia” grazie alla ripartizione dei resti prevista dal metodo D’Hondt. Naturalmente risultò eletta la contessina Ugobalda Maria Assunta Scotti.

 

I fatti narrati sono di pura fantasia, ogni riferimento a persone  o fatti reali o realmente accaduti è del tutto casuale

Scritto da Anonimo Piacentino

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