Giovanni Ligas arrivò a scuola particolarmente provato.
Il giorno prima ci aveva dato dentro in modo pesante con i suoi compagni di sbronza abituali: Mario Bonaldi e Germano il Capitano. Il Gutturnio era passato a fiumi dalle bottiglie alle loro fauci fameliche.
Alla prima ora avevano lezione d’inglese. La professoressa Mary Zambon entrò in classe vestita in modo diverso. Non indossava il solito kilt scozzese da vecchia babbiona noiosa. No, quel giorno aveva addosso una conturbante tuta nera aderente in latex e calzava stivali in pelle con tacco 12. Aveva anche cambiato pettinatura optando per un caschetto sexy alla Valentina di Guido Crepax. Il rossetto scarlatto e le pupille stranamente dilatate le conferivano un’aria vagamente perversa.
“Bonaldi, Ligas e Germano, subito in presidenza!” sibilò la professoressa di inglese con voce severa.
I tre giovani piombarono nel panico, avviandosi in preda all’agitazione verso gli uffici della preside.
“Mi viene da vomitare” piagnucolò Ligas.
“Cosa cazzo abbiamo combinato questa volta?” si lamentò Bonaldi intercalando con un paio di bestemmioni.
Il Capitano iniziò a pregare, dopo essere impallidito sino a diventare bianco come il latte appena munto.
Quando arrivarono davanti alla presidenza trovarono la porta aperta, ma l’ufficio era vuoto e della preside nemmeno l’ombra.
“Entrate!” gracchiò la Gina, una orribile bidella obesa dai modi scorbutici.
I tre obbedirono, continuando ad interrogarsi sottovoce sulle ragioni della misteriosa convocazione.
Dopo circa dieci minuti di penosa attesa, nella stanza entrò la professoressa Zambon sui nuovi stivali in pelle tacco 12, chiudendosi la porta alle spalle e serrando la serratura con due mandate. Poi prese la chiave e la nascose tra i seni, divenuti anch’essi insolitamente prosperosi e sodi e con due grossi capezzoli turgidi mal celati sotto il latex aderente.
“Spogliatevi” disse la professoressa andandosi a sedere sulla scrivania della preside, proprio davanti a loro.
“Cosa?”
“Come?”
“Dice sul serio?”
I giovani studenti erano basiti ed increduli: era la prima volta che sentivano la Zambon parlare in italiano.
“Siete sordi oltre che stupidi? Vi ho ordinato di togliervi i vestiti!”
Sempre più disorientati i tre obbedirono, sino a restare in mutande.
La prof si avvicinò per passarli in rassegna.
“Toglietevi le mutande mezze seghe!”
Bonaldi eseguì l’ordine già mezzo barzotto. Ligas non oppose resistenza, ma si vergognava e aveva freddo e gli veniva da vomitare sempre più forte. Il Capitano rimase immobile impietrito, diventando rosso come il sangue.
La Zambon non si scompose, si avvicinò al Capitano e lo colpì con un gancio sinistro in pieno stomaco.
“E’ meglio che te le togli da solo quelle luride mutande, fin tanto che sei in grado di farlo usando le tue mani.”
Sopraffatto dalla paura, dalla vergogna e dall’umiliazione, anche il Capitano eseguì gli ordini, ed ora i tre adolescenti erano nudi come vermi davanti alla loro sadica professoressa d’inglese.
“Siete tre patetici stronzi, ed avete anche il cazzo piccolo” sentenziò ridacchiando la Zambon.
Ligas iniziò a piangere in silenzio, il Capitano, umiliatissimo, iniziò a tremare colpito da un attacco di epilessia, Bonaldi scorreggiò rumorosamente in segno di protesta.
“Sei un porco, un pervertito!” lo redarguì immediatamente la Zambon, e per far capire che non stava scherzando aprì la sua vecchia borsa di cartone dalla quale tirò fuori uno sfollagente della polizia. Si avvicinò per bene al Bonaldi e lo colpì sul ginocchio destro con forza inaudita. Il poveraccio crollò a terra bestemmiando con la rotula fratturata.
Poi, mentre lui si dimenava sul pavimento tenendosi in mano il ginocchio gonfio e dal colore bluastro, iniziò a prenderlo a calci intimandogli di mettersi sdraiato supino.
Bonaldi cercò di opporre una timida resistenza, ma le punte rinforzate con placche in titanio degli stivali in pelle tacco 12 della Zambon lo convinsero velocemente ad assecondare i desideri della sadica professoressa.
Quando fu perfettamente sdraiato ed immobile, la Zambon cominciò a calpestarlo camminandogli sopra il petto, la pancia ed i genitali.
Bonaldi sulle prime cercò stoicamente di non urlare, ma poi, quando uno dei tacchi 12 gli infilzarono il pene come uno spiedino tirò un grido che squarciò l’aria e fece tremare le pareti: poi svenne.
“Questa pratica BDSM si chiama trampling” spiegò la Zambon con fare professorale, avvicinandosi minacciosa a Ligas e al Capitano.
“Ma quel pippaiolo del vostro compagno non ha saputo resistere nemmeno pochi secondi” disse afferrando il Capitano per le palle.
“Pensi di poter fare di meglio?”
Il Capitano annuì terrorizzato
“Allora inginocchiati immediatamente!”
Lui obbedì trattenendo il fiato per la paura.
La malvagia professoressa armeggiò nuovamente nella sua borsa e ne tirò fuori un gigantesco fallo in silicone e di color cioccolata.
“Fammi vedere come succhi i cazzi frocetto!”
Il volto del Capitano si rigò di lacrime, poi con le mani tremolanti afferrò il fallo di silicone e se lo mise in bocca simulando maldestramente un’atroce fellatio.
La Zambon lo guardò con disprezzo, poi si rivolse al Ligas: “porgimi le tue mani schifose” gli ordinò, mentre dalla borsa estraeva una bacchetta di legno di Rattan.
Ligas offrì i palmi delle mani.
La Zambon scosse il capo in segno di diniego: “I dorsi” disse contraendo le labbra in un ghigno crudele.
Ligas girò le mani lentamente e tremando, lei cominciò a bacchettarlo con durezza.
Lui iniziò a singhiozzare mentre le mani si gonfiavano ed i dorsi presero a sanguinare.
“Questa punizione corporale si chiama caning” lo informò la Zambon, colpendo sempre più energicamente.
“Basta, la prego… basta” implorò Ligas contorcendosi per il dolore.
La professoressa ignorò le sue suppliche, gli girò dietro le spalle, e dopo avergli rifilato una fucilata nel culo con la punta rinforzata in titanio dello stivale tacco 12 della gamba destra, iniziò a bacchettarlo sulla schiena.
Non contenta, la sadica professoressa d’inglese prese ad alternare le vergate a dei feroci schiaffoni sulla faccia.
Dopo alcuni minuti di indicibile sofferenze, le listate iniziarono a diminuire di numero, lasciando posto ai soli schiaffoni.
Ligas iniziò allora ad udire delle voci lontane che lo chiamavano, insieme a confuse risate di scherno.
Le voci si fecero sempre più forti e vicine, le risate divennero quasi fragorose, ed infine uno schiaffone più forte dei precedenti lo riportò sulla terra costringendolo a svegliarsi.
La professoressa Zambon era in piedi davanti a lui, con il suo consueto kilt scozzese da vecchia e noiosa babbiona e lo guardava sgomenta. Senza aggiungere una parola gli allungò il compito in classe corretto.
Era solo un incubo, pensò Ligas sollevato, assicurandosi che i dorsi delle mani fossero perfettamente sani. Poi afferrò il compito e lo guardò, ripiombando nella più cupa disperazione: aveva preso un altro 4.
I fatti narrati sono di pura fantasia, ogni riferimento a persone o fatti reali o realmente accaduti è del tutto casuale
Scritto da Anonimo Piacentino
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