Il Ballo di Carnevale

Ballo di carnevale

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Era il periodo di Carnevale e, come qualsiasi altra parte d’Italia, anche a Vicobarone, una frazione di Ziano Piacentino, comune della Val Tidone, si festeggiava tale ricorrenza.

Melchiorre Balossi, abitante del luogo e proprietario di un bellissimo agriturismo, decise per l’occasione di organizzare un ballo in maschera.

Invitò quindi una cinquantina di persone fra amici e conoscenti. Allestì il gigantesco salone usato normalmente per i pranzi degli ospiti in una sorta di sala da ballo.

E venne il giorno tanto atteso. Arrivarono nell’ordine: Fausto Beccalossi, vestito da astronauta, i fratelli Prandelli, con rispettive consorti, travestiti da nobili francesi del ‘700, Ciro Scapece con alcuni compari, gente del casertano, vestiti da camorristi (anzi, togliete pure “vestiti da”, lo erano davvero), Gianni Beghelli, mascherato da “salvavita”, Ottavio Gasparri e consorte, vestiti da barboni, Demetrio il “gigante”, una bestia di due metri e trenta, vestito da giocatore di rugby (che era quello che faceva nella vita), insieme a tutti i suoi compagni di squadra, il Giangi, un pusher cannaiolo che per l’occasione si vestì da quello che avrebbe sempre voluto essere, un rasta giamaicano, e poi giunsero altri personaggi mascherati nei modo più assurdi: chi da cavaliere jedi, come lo stesso Balossi, chi da faraone egiziano, chi da cesso, etc…

Balossi aveva allestito un ricco buffet con molte prelibatezze tipiche della Val Tidone come la coppa piacentina e la pancetta e, naturalmente, i pregiatissimi vini dei colli piacentini (gutturnio, bonarda, barbera, ortrugo, malvasia, pinot, sangue di giuda e passito).

Gli ospiti, ululanti dalla fame, appena Balossi diede il via libera all’abbuffata, si lanciarono sulle vettovaglie come un’orda barbarica; ricordavano esponenti democristiani e socialisti della Prima Repubblica.

Non mancarono episodi di violenza anche solo per accaparrarsi un grissino. Un tale, travestito da tapiro d’oro, fece il madornale errore di sottrarre dalle mani di Demetrio il “gigante” una fetta di prosciutto crudo; di quest’uomo l’unica cosa che rimase intatta fu una ciocca di capelli.

A un certo punto scoppiò una violenta lite che presto sfociò in una rissa tra un “impiegato del catasto” ed un “geometra” perché il primo sosteneva che il secondo gli avesse rubato un bicchiere di malvasia. Erano gli effetti etilici a causare episodi simili.

Gianni Beghelli, completamente ubriaco, si mise a sfottere il gruppo di Ciro Scapece, definendo tali individui “terroni e ladri”. Il suo travestimento da “salvavita”, purtroppo, non servì a salvargli la vita e Beghelli fu vittima della lupara bianca.

Alcuni invitati, a causa dello stato di ebbrezza, entrarono così bene nella parte interpretata da mascherati, che si convinsero di essere davvero le maschere che indossavano.

I fratelli Prandelli, vestiti da nobili francesi, iniziarono a compatire i coniugi Gasparri, vestiti da barboni, tanto che alla fine donarono in segno di carità 5 euro a testa. Gasparri, un tipo notoriamente permaloso e vendicativo, non la prese affatto bene. Infatti, l’indomani, i fratellini dispettosi avrebbero ricevuto una simpatica lettera di licenziamento del Gasparri, dato che nella vita era il loro direttore!

Fausto l’astronauta andò in orbita quando Giangi il rasta gli fece provare una delle sue fantastiche “sigarette”. Intanto il padrone di casa, Melchiorre, tristemente single da tutta la vita, cercò in ogni modo di provarci con tutte le invitate.

Sembrava che stesse per avere successo con una giovane e graziosa fanciulla mascherata da Cappuccetto Rosso. Sfortunatamente per il Balossi, la giovane era fidanzata con un pugile della categoria medio-massimi, per l’occasione travestitosi da Lupo Cattivo, che appena vide cosa stava combinando Melchiorre lo afferrò per l’orecchio e lo portò in un angolo appartato per usarlo come sacco d’allenamento.

Una ragazza di nome Irina, una donnina allegra che nella vita faceva la spogliarellista ed era nota per la sua totale incapacità di reggere bevande a gradazione superiore ai 5°, dopo un bicchiere di bonarda era già completamente ubriaca e vogliosa di darla.

Puntò su Demetrio e la sua squadra di rugby. I vigorosi giocatori fecero con la ragazza una bella mischia, proprio come se fossero in campo. Irina ad ognuno dei rugbisti fece un bel servizio completo: massaggio a scoscia-galletto, fellatio e trombata.

Venne il momento dei balli lenti e le luci si fecero soffuse. Melchiorre, ripresosi dall’incontro con il pugile e perso per KO dopo meno di un round, cercò disperatamente una compagna per il ballo.

Dopo un po’ notò una “damigella vittoriana” tutta sola che faceva “tappezzeria”. Lui bevve un bicchiere di gutturnio fermo per caricarsi dopodiché invitò cavallerescamente la damigella a ballare.

Sotto le note di “Reality” di Richard Sanderson i due ballarono guancia a guancia. Finita la canzone i due piccioncini, dopo essersi scambiati sguardi intensi e carichi di passione, si baciarono.

Melchiorre, quando riaprì gli occhi, fece una scoperta orribile: sotto lo spesso strato di trucco della compagna, notò della barba. Non ebbe nemmeno il tempo di vomitare perché svenne di colpo.

Si risvegliò nella sua stanza legato al letto e completamente nudo. La “damigella vittoriana” lo fissava come fa una faina con un pollaio. Si spogliò lentamente senza distogliere lo sguardo dal Balossi, che non poteva nemmeno gridare aiuto perché imbavagliato.

Finito di spogliarsi la damigella rivelò la sua vera identità: era un dipendente delle poste, gay dichiarato.

Si dice che dopo quella notte, Melchiorre Balossi abbia scoperto nuovi orizzonti e attualmente lavori la sera a Milano in Viale Zara.

Il Bukowski di Nibbiano

Il festino degli avvinazzati

Festino avvinazzati

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Una sera di autunno la casa di Melchiorre Balossi divenne temporaneamente una sorta di Oktoberfest, a cui parteciparono diversi noti personaggi del jet set di Noverasco e Opera.

Ora, non è che si trattasse di un Oktoberfest, poiché un evento di quel tipo consiste nel bere esclusivamente birra. Qui di birra non vi era l’ombra, casomai c’era il vino, tantissimo!

Sì perché Melchiorre aveva alcuni amici, i fratelli Prandelli, che possedevano un podere con agriturismo in una zona della Val Tidone, là sulle colline piacentine.

Melchiorre scherzando l’aveva definito Oktoberfest perché appunto era ottobre, ma nella realtà era un wine party. I Prandelli producevano dell’ottimo vino grazie ai loro numerosi vitigni autoctoni della zona di Vicobarone, un frazione di Ziano Piacentino.

Il loro cavallo di battaglia era il gutturnio, un ottimo rosso. I fratellini presero parte all’evento della serata fornendo  decine di cartoni da 6 bottiglie all’amico Melchiorre.

Il Balossi, vista l’enorme quantità di vino gentilmente fornitagli dagli amici piacentini, decise allora di organizzare un wine party con tanto di gara di resistenza etilica: ovvero chi beveva di più vinceva.

Melchiorre abitava in un grande appartamento e prima che i numerosi ospiti giungessero, pensò bene di spostare tutti i mobili e soprammobili più fragili in una stanza sicura.

Ed ecco arrivare gli ospiti nel seguente ordine: Ciro Nuvoletti e la sua ragazza Tatiana, una cornificatrice di prima categoria, non a caso Ciro era chiamato Cervo; Franci e Giusy, due note lesbiche della zona; Gianpiero, cioè il Giangi, un pusher cannaiolo, e Demetrio, un gigante di due metri e venti; i fratelli Prandelli e le loro rispettive compagne, Lucia e Paola; Giulia, una nana alta meno di un metro, Tommy, Fausto e Severino. Ogni partecipante doveva essere munito di un proprio catino per eventuali vomitate.

Oltre al vino erano previsti assaggi di affettati piacentini. Così si iniziò il wine party e vennero stappate bottiglie di gutturnio, vivace e fermo, ortrugo e bonarda. Già dopo pochi bicchieri cominciarono ad esserci i primi ritiri dalla degustazione.

Giangi cedette per primo, poiché oltre che a bere stava fumando l’impossibile. Passò il resto della serata alternando conati e canne.

Fausto, che aveva il vizio di voler a tutti costi strafare, decise di bere a canna un’intera bottiglia di bonarda. Riuscì nell’impresa ma i suoi festeggiamenti durarono poco. Appena finito di bere gridò: “Chi è che mi fa concorrenza adesso?!”, dopodiché crollò a terra.

Finiti i vini secchi si passò a quelli dolci, malvasia amabile e passito, il tutto accompagnato da un po’ di torta sbrisolona. Ed è a questo punto che iniziò il degenero.

Tutte le ragazze, che già dopo aver bevuto i vini secchi, erano ubriache, diedero fuori di matto. Solo Giusy, una delle due lesbiche, dimostrò una certa tolleranza anche se non era certo nelle condizioni di condurre una conversazione sensata.

Tommy, da tempo innamorato di Giulia ma senza essere ricambiato, approfittò della situazione. Pensò che questa era l’occasione giusta per farsi Giulia, ora o mai più. Deciso più che mai si lanciò su di essa mettendole in bocca due metri di lingua a mulinello.

Tommy aveva la vista così annebbiata dall’alcol che aveva scambiato il gatto di Melchiorre per Giulia, equivocando sull’altezza ed il colore del pelo dell’animale.

La stessa Giulia tuttavia scoprì nuovi orizzonti sessuali grazie a Franci, l’altra lesbica. Tatiana, la zoccola, si lanciò su Severino. Ciro il Cervo si era addormentato dopo 18 bicchieri. I fratelli Prandelli e le loro consorti scoprirono lo scambio di coppia.

I catini servirono a poco poiché la gente in preda agli effetti alcolici non stava ferma un momento e vomitava ovunque capitasse.

A un certo punto Melchiorre vedendo che la situazione stava degenerando, decise che potevano restare in casa sua solo quelli ancora in grado di stare in piedi e capaci di reggere l’alcol. Tutti gli altri vennero cacciati di casa a calci nel culo oppure defenestrati.

Rimasero i più forti: Melchiorre, Demetrio e Giusy. Il vino ormai era finito ma i tre sopravvissuti si sentivano abbastanza forti da poter bere ancora. L’unica cosa rimasta era una bottiglia di alcol 95°.

Al primo giro i tre resistettero; al secondo Giusy crollò. Demetrio e Melchiorre per un attimo si lanciarono uno sguardo di sfida. Andarono avanti altri 8 bicchieri. Per primo bevve Melchiorre e non successe nulla. Poi bevve il gigante Demetrio. Passarono una decina di secondi dove i due, uno di fronte all’altro, si guardarono senza dire niente.

Nello sguardo avevano la fissità tipica dell’ottuso. Poi Demetrio accennò un sorriso, dopodiché svenne.

Melchiorre sorrise a sua volta, si versò un ultimo bicchiere, quello della vittoria, lo bevve, lo poggiò sul tavolo, sorrise una seconda volta, alzò il pugno in segno di vittoria ed infine cadde di faccia sul tavolo perdendo i sensi.

Furono tutti ricoverati in ospedale dopo essere entrati in coma etilico. Dopo qualche giorno si risvegliarono. Il referto medico dei tre ragazzi dichiarava che avevano battuto qualsiasi record di tasso alcolico riscontrato: 98,5%!!!

“Tracce di sangue su alcol” sentenziò con disprezzo il medico. Ora Melchiorre, Demetrio e Giusy sono iscritti all’anonima alcolisti e partecipano a corsi di shiatzu in Val Tidone.

I fatti narrati sono di pura fantasia, ogni riferimento a cose o persone reali è del tutto casuale

 

Scritto da Il Bukowski di Nibbiano 

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La Guerra Enologica

La guerra enologica

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Nell’anno di sbronza 1520 la necessità di supremazia ed il desiderio di conquista spinsero molti regni e stirpi a combattersi fra loro.

La violenza era all’ordine del giorno e tante, troppe furono le vittime. Tutto cominciò quando il principe Nero d’Avola, del regno di Sicilia, rapì la principessa Bonarda, un gran pezzo di bonarda, innamorata e desiderosa di sposarsi con il principe Gutturnio del regno di Vicobarone Barricato di Rovere.

I genitori della principessa, il re Lambrusco di Sorbara e la regina Barbera di Ziano Piacentino, promisero che se Gutturnio avesse riportato a casa Bonarda avrebbero consentito alle loro nozze. Gutturnio chiese aiuto al cugino Ortrugo, sposato con l’amabile baronessa Malvasia.

Il premuroso cugino inviò come supporto a Gutturnio il suo esercito guidato dal generale Barolo ed i suoi subalterni, il feroce Barbaresco e il rincoglionito Nebbiolo. Nel frattempo, in un altro luogo, le truppe del generale Sauvignon con un golpe rovesciarono Tocai, re di Verduzzo.

Solo grazie all’intervento del fratello minore del re, Picolit, ed il suo esercito, quello del Sacro Refosco dal peduncolo rosso di Spilimbergo, Tocai riuscì a riprendersi Verduzzo ed a riportare la pace. Intanto, i cugini Gutturnio e Ortrugo, con i loro rispettivi eserciti, quello di Riesling e quello di Barolo, partivano dall’ agriturismo Piacenza per riprendersi Bonarda.

Anche il principe Nero d’Avola si mise in azione reclutando i suoi fedeli alleati: dalla lontana Sardegna ecco giungere il tarchiato, ma vigoroso, Cannonau, insieme al suo esercito Vermentino; dalla Puglia il conte Locorotondo con l’esercito di San Severo ed i tre fratelli Rosso, Rosato e Bianco di Castel del Monte.

La prima battaglia avvenne nelle terre del duca Chianti, invase in precedenza dal principe Nero. Purtroppo questo primo conflitto vide primeggiare il crudele principe Nero. La principessa Bonarda, per ordine di Nero, venne trasferita nel sicuro castello della contessa Marsala, cugina del principe.

Gutturnio era stato ferito in battaglia, ma grazie alle attente cure di frate Moscato, dell’Ordine Enologico dei Tannini, si riprese in fretta pronto per la battaglia.

Nel frattempo, in Alto Adige, si fronteggiarono per la supremazia dell’Isarco il re Terlano ed il re Teroldego Rotaliano. Grazie alla complicità del conte Lagrain vinse Terlano distruggendo Teroldego e il suo esercito di San Marzano.

Intanto, Chianti formò segretamente un’alleanza con Gutturnio per liberare le sue terre dal giogo di Nero. Il duca però non disponeva di un vasto esercito, dovette perciò chiedere aiuto ai suoi fratelli: la baronessa Vernaccia ed il conte Brunello.

Scoppiò una rivolta contro gli invasori del sud e finalmente le terre di Chianti vennero liberate. Restava solamente da trovare la principessina Bonarda e riportarla a casa. Il principe Gutturnio aveva adesso dei potenti alleati ed iniziò a scendere la penisola per giungere nel regno d’Avola.

Fu ostacolato brutalmente nel centro dell’Italia dal conte Locorotondo ed i fratelli di Castel del Monte, ma trovò nel generale Frascati e nel barone Verdicchio dei potenti alleati. Dopo diverse battaglie dall’esito sempre incerto Gutturnio giunse finalmente nel cuore del regno del principe Nero.

C’erano state tante perdite, soprattutto dalla parte del principe Gutturnio; ma il suo desiderio di riabbracciare Bonarda lo spinse a non arrendersi e di proseguire; se necessario si sarebbe battuto da solo contro l’esercito del principe Nero.

La battaglia finale avvenne nelle terre della contessa Marsala. Al principe Nero era rimasto l’esercito di Cannonau che subito diede del filo da torcere a Gutturnio. Proprio quando sembrava che non ci fosse più speranza per Gutturnio ed i suoi, ecco giungere un aiuto insperato dal nord: l’esercito del generale Asti insieme all’armata di Grignolino. Nonostante la tenacia e la resistenza opposta, Cannonau si arrese e per Gutturnio arrivò il momento del duello finale con Nero.

La sfida tra i due nobili principi fu un cruento duello all’arma bianca che vide entrambi gli sfidanti ferirsi a vicenda. Alla fine il bene trionfò e Gutturnio, dopo aver ucciso Nero d’Avola e Marsala, riabbracciò la sua amata Bonarda. Tornati in patria i due giovani ebbero la benedizione dei genitori di Bonarda e celebrarono il loro lungo e duraturo matrimonio, vivendo in pace e prosperità nella feconda Val Tidone.