Fourth Wing di Rebecca Yarros: romanzo fantasy romantico (2023)

Nel panorama contemporaneo della narrativa fantasy, Fourth Wing di Rebecca Yarros si impone come un caso letterario che trascende le logiche del semplice intrattenimento, per collocarsi in una zona ibrida e affascinante dove confluiscono epica, introspezione e una sorprendente tensione emotiva. Al cuore di questa narrazione si trova Violet Sorrengail, protagonista atipica e potente proprio nella sua vulnerabilità. Non è la guerriera addestrata, né l’eroina predestinata: è, al contrario, una ragazza cresciuta tra i libri, affetta da una fragilità fisica che dovrebbe precluderle ogni possibilità di sopravvivenza nella brutale War College di Basgiath, l’accademia militare che funge da epicentro del romanzo. Eppure, è proprio questa fragilità a renderla interessante, a farne una figura eroica nonostante (o grazie a) la mancanza di conformità rispetto agli standard dominanti.

L’evoluzione di Violet si struttura come un’ascensione lenta e tormentata, non tanto nella direzione di un potere fisico — che resta sempre limitato — quanto nella scoperta di una forza interiore, fatta di acutezza mentale, osservazione strategica e determinazione. In un contesto narrativo che esalta la forza bruta, la prestanza, il dominio del corpo, Yarros compie un’operazione sottile ma significativa: mette al centro una protagonista la cui intelligenza è la vera arma letale. Violet non sconfigge i suoi nemici con la spada, ma li anticipa, li legge, li smonta. Ed è proprio questa inversione di paradigma a dare respiro alla narrazione, a renderla qualcosa di più di una semplice avventura tra draghi e battaglie.

L’accademia di Basgiath, dove Violet viene obbligata a entrare, è molto più di un setting funzionale: è un personaggio a sé stante, che opprime, seleziona, uccide. L’atmosfera è quella cupa e affascinante della dark academia, ma contaminata da una ferocia che supera ogni romanticismo gotico. Gli studenti non competono per voti, ma per sopravvivere. I quadranti dell’istituzione — scribi, guaritori, combattenti e cavalieri di draghi — sono rigidamente separati, e la scelta di Violet di abbandonare il ruolo di scriba, per imporsi come rider, è già di per sé un atto rivoluzionario, una forma di ribellione contro il destino tracciato per lei dalla madre, potente comandante militare. Basgiath è l’incarnazione distopica della meritocrazia portata alle estreme conseguenze: chi non regge, muore. Chi cade, non viene aiutato. Un sistema spietato, che pretende eccellenza senza garantire alcuna tutela. Una metafora neppure troppo velata del mondo contemporaneo, dove la sopravvivenza sembra premiare solo i più adatti a giocare secondo regole imposte e crudeli.

A rendere ancora più vivido questo mondo è l’elemento mitico e potente dei draghi, che in Fourth Wing si distaccano dall’archetipo tradizionale del mezzo da cavalcare o dell’animale simbolico. I draghi di Yarros scelgono i loro cavalieri, li vincolano attraverso un legame mentale — il signet bond — e partecipano alla vita del romanzo con una personalità autonoma. Non sono spettatori né strumenti: sono alleati, giudici e compagni. Il rapporto tra Violet e il suo drago, Tairn, si sviluppa come una relazione profonda, fatta di sarcasmo, affetto, tensione e crescita reciproca. È un rapporto che riflette, in forma epica, il percorso della protagonista: un’unione che potenzia, ma al contempo mette alla prova. La magia, in questo contesto, è un’estensione dell’identità del personaggio: non dono arbitrario, ma espressione del suo legame con il drago e, più in profondità, della sua capacità di scegliere e di essere scelta.

Il mantra che risuona in ogni angolo di Basgiath — sopravvivere o morire — non è soltanto uno slogan narrativo. È una condanna, una sfida e una trappola. L’intero romanzo è permeato da una tensione costante, in cui la morte può sopraggiungere in ogni momento. Questo senso di minaccia continua tiene il lettore in uno stato di allerta, ma serve anche a esplorare il darwinismo interno al sistema: chi ha diritto a vivere? Chi decide? E che prezzo ha la sopravvivenza in un mondo che sacrifica la debolezza senza rimorso? Yarros non dà risposte consolatorie, ma mostra quanto sia arduo — e coraggioso — il cammino di chi si rifiuta di cedere alla logica dell’eliminazione.

In questo universo implacabile, il rapporto tra Violet e Xaden Riorson introduce una nuova dimensione narrativa, quella della tensione romantica tra opposti. Xaden, figlio dei ribelli giustiziati, è il prototipo del dark hero: carismatico, letale, segnato dal passato. La relazione tra lui e Violet evolve da diffidenza a complicità, in un crescendo che alterna conflitto e attrazione. Non è un amore immediato né semplice: è una danza strategica tra due menti affilate, due volontà che si studiano e si sfidano. Il trope enemies-to-lovers, tanto amato nella romantasy, qui acquista un’intensità particolare, perché inserito in un contesto dove fidarsi dell’altro significa, letteralmente, mettere la propria vita nelle sue mani. La dinamica di potere tra i due, sempre in bilico tra protezione e indipendenza, riflette la complessità dell’intero romanzo: nulla è scontato, nulla è sicuro, nemmeno l’amore.

Nel loro intreccio di brutalità, magia, passione e intelligenza, i primi capitoli della saga The Empyrean disegnano un mondo in cui le vecchie regole del fantasy vengono riscritte a partire dal corpo e dalla mente di una giovane donna che rifiuta di essere definita dai limiti che il mondo vuole imporle. E così, tra le ombre di Basgiath, le fiamme dei draghi e il gelo dei sospetti, Violet Sorrengail diventa qualcosa di più di un personaggio: diventa una dichiarazione.

La forza narrativa di Fourth Wing risiede in larga parte nella scrittura di Rebecca Yarros, che adotta uno stile immediato, teso e coinvolgente, costruito intorno all’uso della prima persona. Il punto di vista di Violet non è soltanto un filtro soggettivo sulla vicenda: è un’immersione totale nella sua psiche, un flusso continuo di pensieri, dubbi, intuizioni, paure e desideri. Questo rende il romanzo estremamente accessibile, quasi viscerale. La scrittura di Yarros è emotiva, costruita per creare connessione immediata tra il lettore e il personaggio. Il ritmo è incalzante, scandito da dialoghi serrati e passaggi introspettivi che non rallentano mai davvero l’azione. Si tratta di una prosa che privilegia il sentire rispetto all’analizzare, che preferisce farci vivere le scene piuttosto che descriverle. Eppure, in questo apparente disinteresse per l’elaborazione stilistica classica, si nasconde una sapienza narrativa precisa, una calibratura perfetta tra tensione e catarsi, tra pericolo e desiderio.

L’aspetto emozionale ha senza dubbio la precedenza sul worldbuilding, e non è un difetto, ma una scelta precisa di prospettiva. Yarros costruisce il mondo attraverso l’esperienza soggettiva di Violet, e lo fa in modo parziale, talvolta frammentato, ma coerente con il punto di vista ristretto della protagonista. Non ci sono lunghe esposizioni né digressioni storiche: ogni elemento del mondo emerge in relazione all’azione o alla crescita del personaggio. È un modo moderno e cinematografico di fare fantasy, in cui la mappa si esplora seguendo le emozioni e non i confini geopolitici.

Ed è proprio su questo terreno che emergono i temi profondi del romanzo: la perdita, il trauma, la malattia e, soprattutto, la resilienza. Violet è una sopravvissuta già prima di entrare a Basgiath: ha perso il padre, vive all’ombra di una madre implacabile, e porta con sé una condizione cronica che la rende fisicamente più fragile degli altri. Ma Yarros non fa della fragilità una condanna, bensì una lente attraverso cui osservare il mondo con maggiore lucidità. Violet non è una guerriera indistruttibile, e per questo è più reale, più umana. Il dolore non la spezza, ma la modella. La resistenza fisica e mentale non è un dono, ma una conquista quotidiana, ottenuta a caro prezzo. L’eroismo di Violet non nasce dalla potenza, ma dalla scelta ripetuta di andare avanti, di affrontare un mondo che non è fatto per lei — e proprio per questo, piegarlo al proprio passo.

La costruzione del mondo segue questa logica: non è tanto un affresco esaustivo, quanto un insieme di elementi funzionali alla tensione narrativa e all’arco di trasformazione dei personaggi. Il regno di Navarre, la gerarchia militare, la politica interna e la minaccia dei venin — creature oscure che sfidano i confini stessi della magia — emergono poco a poco, suggeriti piuttosto che spiegati. I poteri magici, i signet, il legame con i draghi e le leggi non scritte che governano l’universo del romanzo, sono introdotti nel momento in cui servono alla narrazione. Questo approccio rende il mondo credibile, anche se non sempre dettagliato. Eppure, quella che potrebbe sembrare una carenza diventa, nelle mani di Yarros, un punto di forza: il lettore non è mai spettatore, ma coesploratore, costretto a scoprire e immaginare insieme alla protagonista.

Un aspetto particolarmente interessante del romanzo è il modo in cui rielabora il concetto di femminilità in chiave fantasy. Violet non rientra nei modelli stereotipati dell’eroina forte solo perché sa combattere. È fragile, insicura, colta, spesso impaurita. Ma è anche feroce, risoluta, capace di scegliere se stessa di fronte al ricatto della sopravvivenza. In questo, il romanzo si pone come un manifesto implicito di una femminilità complessa, sfaccettata, che non ha bisogno di rinnegare il dolore per affermare la forza. La madre di Violet, comandante spietata e figura freudiana di controllo e repressione, rappresenta un femminile diverso, intransigente, autoritario. Tra queste due polarità si apre lo spazio della trasformazione: non è il superamento dell’una o dell’altra, ma la possibilità di scegliere chi essere, anche a costo della ribellione.

Infine, non si può parlare di Fourth Wing senza considerare il suo impatto culturale, in particolare grazie alla diffusione virale su piattaforme come TikTok e Instagram. Il fenomeno BookTok ha trasformato questo romanzo in un caso editoriale internazionale, e non è difficile capire il perché. Il libro risponde a una fame di emozioni forti, di personaggi intensi, di relazioni complesse e brucianti. La community online ha amplificato ogni ship, ogni momento chiave, ogni scena di tensione o rivelazione. Il successo non è solo questione di marketing: Fourth Wing riesce davvero a parlare a un pubblico vasto, intergenerazionale, perché sa toccare corde intime senza mai perdere il senso dell’avventura. È un romanzo che si presta alla condivisione, alla rilettura, alla discussione, perché costruito attorno a figure con cui è possibile identificarsi e a dinamiche capaci di generare coinvolgimento immediato.

In un panorama letterario dove il fantasy rischia spesso di ripiegarsi su cliché ormai stanchi, Fourth Wing emerge come un’opera capace di rinnovare il genere attraverso la centralità dell’emozione, della vulnerabilità e della lotta per esistere in un mondo che sembra volerci spezzare. Yarros non reinventa il fantasy: lo attraversa con uno sguardo nuovo, e ci consegna un’eroina che non dimenticheremo facilmente.


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