Pubblicato nel 1819, Il Vampiro di John William Polidori segna una svolta fondamentale nella storia della letteratura gotica, introducendo per la prima volta la figura del vampiro aristocratico che avrebbe influenzato generazioni di autori. Nato in un contesto leggendario, durante l’estate del 1816 trascorsa a Villa Diodati sulle rive del Lago di Ginevra, il racconto deve la sua genesi a una notte di temporali e al gioco letterario proposto da Lord Byron ai suoi compagni di viaggio. Polidori, medico personale di Byron e partecipe di quelle serate, trovò nell’ombra del celebre poeta una fonte di ispirazione complessa e ambigua.
Il racconto, inizialmente attribuito proprio a Byron, si lega indissolubilmente alla personalità del suo protagonista, Lord Ruthven. Questo vampiro, tanto elegante quanto spietato, rappresenta una netta rottura con la tradizione folklorica. Polidori abbandona l’immagine del vampiro come creatura demoniaca e ripugnante, tipica delle superstizioni rurali, per dare vita a un essere sofisticato, freddo e manipolatore, che si muove con disinvoltura nei salotti dell’alta società. Ruthven è più un predatore sociale che una creatura del mito: seduce, corrompe e distrugge le sue vittime con una disarmante eleganza, incarnando un male nascosto dietro l’apparenza del fascino e dello status.
Questa trasformazione non è solo stilistica, ma rivela un sottotesto morale e sociale profondo. Ruthven è il simbolo della decadenza dell’aristocrazia, un uomo che sfrutta il potere e il privilegio per soddisfare la sua sete di distruzione. Attraverso di lui, Polidori costruisce una critica implicita alla nobiltà del suo tempo, mettendo in evidenza il contrasto tra virtù e decadenza. Le vittime di Ruthven, come il giovane e innocente Aubrey, non sono solo individui, ma rappresentano l’intera società che soccombe alla corruzione morale mascherata da fascino e carisma.
L’influenza di Lord Byron, sia come ispirazione diretta per il protagonista sia come figura reale che aleggia sul racconto, è impossibile da ignorare. Polidori, che nutriva un rapporto conflittuale con il poeta, sembra aver riversato in Ruthven un ritratto deformato e maligno di Byron stesso, enfatizzandone i lati più oscuri: il magnetismo pericoloso, l’indifferenza per le conseguenze delle proprie azioni e l’attitudine a manipolare chiunque gli stia vicino. Questo rende Il Vampiro non solo una pietra miliare della narrativa gotica, ma anche una sorta di vendetta letteraria, in cui Polidori elabora la propria frustrazione verso una figura tanto ammirata quanto temuta.
Con questo racconto, Polidori non ha solo ridefinito la figura del vampiro, trasformandolo in un’icona letteraria sofisticata e inquietante, ma ha anche aperto una nuova strada per la narrativa dell’orrore. Il vampiro di Il Vampiro è molto più che un semplice mostro: è una metafora potente dei mali della società, una critica alla decadenza del privilegio e un’esplorazione dell’ambiguità morale. L’opera di Polidori, nata quasi per caso in una notte di giochi letterari, continua a risuonare nella cultura contemporanea come un archetipo immortale.
La struttura narrativa de Il Vampiro si distingue per la sua essenzialità e per un ritmo sorprendentemente rapido, soprattutto se confrontato con le lente e spesso prolisse narrazioni gotiche dell’epoca. Polidori costruisce una trama che, pur nella sua brevità, riesce a mantenere il lettore costantemente in tensione. L’uso della suspense è sapiente: l’inquietante presenza di Lord Ruthven domina il racconto, rendendolo un personaggio che si muove come un’ombra tra gli eventi, sempre al limite tra il visibile e l’ignoto. L’atmosfera gotica, alimentata da paesaggi esotici e cupi, non è mai sovrabbondante ma essenziale, creata con pochi dettagli evocativi che amplificano il senso di minaccia e mistero. Il ritmo serrato non sacrifica l’intensità emotiva e narrativa, ma la esalta, mantenendo viva l’attenzione del lettore fino alla tragica conclusione.
Uno dei temi centrali del racconto è il fascino e il terrore dell’immortalità, incarnati nella figura di Ruthven. La sua natura vampirica lo rende un essere che trascende i limiti umani, ma questa eternità non è priva di orrore. Polidori non descrive mai direttamente il peso dell’immortalità su Ruthven, ma il suo comportamento e la sua natura predatoria suggeriscono un’esistenza priva di scopo, animata solo dal perpetuo ciclo di distruzione. Questa immortalità è posta in netto contrasto con la fragilità di Aubrey, la giovane vittima umana che, nonostante la sua ingenuità e il suo fervore morale, si rivela impotente di fronte alla manipolazione e al male. Polidori, in questo modo, esplora il divario tra il desiderio umano di trascendere la morte e l’orrore di un’esistenza eterna svuotata di valori.
La relazione tra Ruthven e Aubrey è il cuore pulsante del racconto, un gioco di potere e seduzione che riflette la dinamica tra carnefice e vittima. Ruthven non usa mai la forza per piegare Aubrey; lo seduce, non in senso sessuale, ma psicologico. Il giovane è attratto dal fascino e dal carisma di Ruthven, senza rendersi conto di essere strumentalizzato. Questa dinamica di potere è particolarmente significativa: Ruthven rappresenta il predatore definitivo, capace di distruggere senza mai esporsi, lasciando che le sue vittime si perdano nella propria ingenuità e fiducia. Polidori traccia con grande finezza questo processo di annientamento, rendendo Ruthven un personaggio che affascina e spaventa in egual misura.
L’influenza de Il Vampiro sulla letteratura successiva non può essere sottovalutata. Sebbene spesso oscurato da opere più celebri come Dracula di Bram Stoker, il racconto di Polidori è il primo a consolidare l’archetipo del vampiro moderno. La figura di Ruthven, con il suo fascino aristocratico e la sua crudeltà raffinata, trova eco diretta in Dracula, così come in innumerevoli altre opere di narrativa e cinema. L’idea del vampiro come predatore elegante e sofisticato è una creazione di Polidori, che trasforma la figura folklorica in un’icona letteraria universale, capace di adattarsi ai contesti più disparati.
Ma Il Vampiro non è solo una pietra miliare della letteratura gotica; è anche una sottile critica alla società dell’epoca. Polidori dipinge un’aristocrazia corrotta e ipocrita, incarnata in Ruthven, che usa il suo potere non per proteggere o guidare, ma per distruggere. Dietro il fascino e il lusso dell’aristocrazia si nasconde un vuoto morale, un’inclinazione al male che riflette le tensioni sociali del tempo. Il contrasto tra apparenza e realtà è un tema ricorrente nel racconto, con Ruthven che simboleggia la facciata perfetta sotto cui si cela la corruzione più profonda.
Il Vampiro di Polidori è quindi molto più di un semplice racconto dell’orrore. È una riflessione sull’immortalità, sul potere, sulla corruzione e sulla vulnerabilità umana, racchiusa in una narrazione tanto breve quanto incisiva. Il suo impatto sulla letteratura e sulla cultura rimane innegabile, un testamento alla capacità di Polidori di catturare, in poche pagine, l’essenza del gotico e la complessità dell’animo umano.
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