Nel panorama della letteratura religiosa contemporanea, I santi e il demonio. La perenne lotta contro il male di Marcello Stanzione e Carlo Di Pietro si distingue per la sua intenzione dichiaratamente apologetica e pastorale. Non si tratta, infatti, di un saggio accademico o di un’opera di taglio teologico sistematico, ma di un testo che ambisce a riaffermare, con tono acceso e coinvolto, la realtà spirituale della lotta tra bene e male, così come la tradizione cattolica l’ha sempre intesa. La figura del demonio, lungi dall’essere presentata come simbolo astratto o come semplice archetipo psicoanalitico, emerge con tratti netti e precisi: è l’angelo decaduto, il divisore, il tentatore che agisce nel mondo con sottile costanza, sfruttando le fragilità dell’uomo e le falle della modernità secolarizzata.
L’approccio degli autori è chiaramente ancorato alla dottrina tradizionale della Chiesa, con frequenti richiami al Magistero, ai Padri della Chiesa – da Sant’Agostino a San Gregorio Magno – e, in modo particolare, alle testimonianze di santi ed esorcisti contemporanei. L’influenza dell’opera di figure come padre Amorth è palpabile: vi si ritrova la stessa urgenza di rendere visibile l’invisibile, di restituire concretezza alla dimensione del male, non come idea, ma come presenza reale e personale. In questo senso, l’opera si schiera contro ogni forma di relativismo o di riduzionismo razionalista, denunciando quella che definisce l’“amnesia spirituale” del mondo moderno, incapace di riconoscere i segni della tentazione e della possessione.
Centrale nella narrazione è la figura dei santi, descritti non come semplici modelli di virtù o testimoni di un’epoca più devota, ma come autentici combattenti spirituali. La santità, per Stanzione e Di Pietro, è una forma di militanza, una vocazione alla battaglia contro le forze del male che si esplica non solo nella purezza di vita, ma anche nella potenza intercessoria e protettiva. Tra le figure più evocate troviamo san Michele Arcangelo, patrono degli esorcisti e archetipo del guerriero celeste; san Pio da Pietrelcina, le cui lotte contro il demonio vengono descritte con vivida drammaticità; e santa Caterina da Siena, che si confrontò con apparizioni e tentazioni diaboliche che misero alla prova la sua fede e la sua lucidità spirituale. Non si tratta di agiografie edulcorate, ma di racconti che intendono trasmettere l’idea di una santità attiva, concreta, vicina, a tratti perfino terrena nella sua capacità di fronteggiare l’oscurità.
Il male, in questo contesto, non è un’astrazione né un principio filosofico, ma una realtà vivente, personale, invasiva. Il demonio è descritto come colui che opera attraverso suggestioni, pensieri, eventi, relazioni. Non esiste neutralità: ogni anima è un campo di battaglia, e ogni giorno può essere teatro di una piccola guerra invisibile. Gli autori insistono su questo punto, quasi a scuotere il lettore: il demonio non è un mito medievale, ma una presenza attiva nella vita di ciascuno, soprattutto là dove viene negato. L’influsso diabolico, allora, può manifestarsi con sintomi evidenti – possessioni, infestazioni, maledizioni – ma molto più spesso agisce con sottigliezza, attraverso la tentazione morale, la desolazione spirituale, il progressivo distacco dai sacramenti.
Proprio la dimensione testimoniale costituisce una delle cifre narrative dell’opera. Il libro è infatti costellato di aneddoti, resoconti, episodi tratti da fonti agiografiche, cronache religiose o esperienze di esorcisti. Queste storie hanno un valore duplice: da un lato rafforzano l’argomentazione, conferendo una patina di realismo concreto; dall’altro agiscono sul piano emotivo, colpendo l’immaginazione del lettore e suscitando spesso sgomento o inquietudine. La narrazione di un esorcismo, di un’apparizione, di una conversione radicale dopo una vita tormentata, non ha solo una funzione documentaria: è un invito, implicito ma pressante, a riflettere sulla propria condizione spirituale.
Infine, il libro insiste con forza sull’importanza della vita sacramentale e della preghiera come strumenti indispensabili per combattere il male. La Messa quotidiana, la confessione frequente, l’adorazione eucaristica, la recita del Rosario e la devozione agli angeli sono indicati come scudi spirituali di inestimabile valore. Non si tratta di semplici pratiche devozionali, ma di autentiche armi spirituali, inseparabili dalla figura dei santi che ne sono i testimoni viventi. In quest’ottica, la prassi spirituale proposta è concreta, accessibile e scandita da una ritualità che vuole essere rassicurante e, al contempo, potente: non si combatte il demonio con il pensiero positivo o con l’autosuggestione, ma con la grazia, la fede e l’intercessione dei santi.
Lo stile dell’opera si colloca saldamente nel registro divulgativo, con alcune incursioni nel linguaggio ascetico e devozionale che ricordano da vicino i testi della tradizione spirituale cattolica più militante. Marcello Stanzione e Carlo Di Pietro scelgono una prosa diretta, priva di fronzoli stilistici, che mira più alla trasmissione del contenuto che alla raffinatezza letteraria. Il tono dominante è marcatamente didattico, talvolta ammonitorio, talaltra persino allarmistico, specie nei passaggi in cui si evocano pericoli spirituali che minacciano il fedele inconsapevole. Si percepisce l’intento pastorale di scuotere le coscienze, di svegliare il lettore dal torpore spirituale e di condurlo a un rinnovato impegno nella vita di fede. In questo senso, il libro è chiaramente accessibile a un pubblico ampio, soprattutto a quei lettori che sentono il bisogno di risposte forti e nette in un mondo che sembra aver smarrito ogni punto di riferimento spirituale.
Il confronto con la cultura contemporanea è una delle direttrici portanti dell’opera. Gli autori contrappongono in modo netto la spiritualità tradizionale — fondata sulla preghiera, la lotta interiore, la centralità del sacro — alla mentalità moderna, che identificano con il relativismo morale, il razionalismo scientista e una desacralizzazione sistematica della realtà. Il linguaggio è spesso polemico, e non mancano critiche dirette a certe tendenze del clero postconciliare, accusato di aver abbassato la guardia sulla realtà del male e del demonio. La “cultura della negazione” viene vista come complice dell’azione diabolica, poiché riducendo il male a semplice fragilità psicologica o disagio sociale, priva l’uomo dei mezzi per combatterlo sul piano spirituale. Questa denuncia, pur nella sua durezza, rispecchia una sensibilità diffusa in alcuni ambienti cattolici legati alla tradizione, e si inserisce nel più ampio dibattito sulla crisi della fede nel mondo contemporaneo.
Accanto alla demonologia, I santi e il demonio dedica ampio spazio anche all’angelologia, offrendo una visione articolata del mondo invisibile. Gli angeli non sono figure poetiche o simboliche, ma esseri reali, presenti e operanti nel cosmo e nella vita dell’uomo. L’arcangelo Michele, guida degli eserciti celesti, viene trattato con particolare enfasi, ma vi è anche spazio per gli angeli custodi, per le gerarchie angeliche, e per il ruolo di questi spiriti nella difesa quotidiana dell’anima. Sebbene non vi sia un approfondimento sistematico di tipo teologico, il libro fornisce una panoramica coerente e organica del mondo spirituale secondo la tradizione cattolica, attingendo a fonti come san Tommaso d’Aquino, Dionigi l’Areopagita e i mistici medievali. Il tono è più catechetico che speculativo, ma ciò non toglie valore all’impianto complessivo, che mira a rendere comprensibile anche al lettore non esperto una realtà teologicamente complessa.
Il valore pastorale dell’opera è, probabilmente, il suo pregio principale. I santi e il demonio non è un libro da biblioteca accademica, ma da sacrestia, da gruppo di preghiera, da catechesi parrocchiale. Può costituire un utile strumento per sacerdoti, catechisti, laici impegnati, ma anche per lettori semplici in cerca di conforto, orientamento e discernimento. La chiarezza del messaggio, la forza delle testimonianze, l’insistenza sulla vita sacramentale come unica vera protezione contro il male, rendono il testo un efficace richiamo alla conversione personale. La fede non vi è presentata come una dottrina da apprendere, ma come una milizia da abbracciare. In un’epoca in cui il cristianesimo rischia di ridursi a etica o a sociologia, il libro restituisce al combattimento spirituale una centralità dimenticata.
Ciò detto, non mancano alcune criticità che meritano di essere affrontate con onestà intellettuale. Il rischio di sensazionalismo è reale: alcune descrizioni di possessioni o tentazioni diaboliche potrebbero apparire forzate, soprattutto a un lettore più scettico o razionalmente formato. La visione del male è a tratti eccessivamente dualista, con una netta contrapposizione tra “noi” e “loro”, tra il mondo dei santi e quello del demonio, che rischia di semplificare la complessità del cammino umano e spirituale. Inoltre, il testo non sempre approfondisce le questioni teologiche con la dovuta sistematicità, preferendo un impianto narrativo ed esortativo che, se da un lato rende la lettura coinvolgente, dall’altro può lasciare alcuni interrogativi senza risposta. Infine, lo stile talvolta incalzante e polemico rischia di respingere chi si avvicina a questi temi con spirito di ricerca più che con certezza di fede.
Ma proprio in questa tensione tra rigore dottrinale e passione pastorale risiede la forza (e il limite) del libro. I santi e il demonio non pretende di convincere tutti, né di piacere a tutti. È un’opera di militanza spirituale, che parla con voce chiara a chi ha orecchie per intendere. Ed è proprio per questo che merita attenzione, anche (e soprattutto) da chi intende confrontarsi con essa in modo critico e non ideologico.
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