Carmilla, di Joseph Sheridan Le Fanu (1872): recensione

Joseph Sheridan Le Fanu, con Carmilla, anticipa molte delle caratteristiche che avrebbero reso celebre la figura del vampiro nella letteratura gotica. Pubblicata nel 1872, la novella precede di oltre due decenni Dracula di Bram Stoker, ma contiene già molti degli elementi che diventeranno fondamentali nella costruzione del mito vampirico moderno. La figura di Carmilla è quella di un vampiro sofisticato e seducente, che si inserisce nell’ambiente umano con grazia e astuzia, ma che porta con sé un’inevitabile minaccia. Questo intreccio tra fascino e pericolo, eros e morte, avrebbe profondamente influenzato Stoker e la tradizione letteraria successiva, trasformando il vampiro in un simbolo complesso, capace di rappresentare ansie culturali e desideri repressi.

Uno degli aspetti più innovativi di Carmilla è l’ambiguità sessuale che permea la relazione tra la protagonista Laura e la vampira. La connessione tra le due donne è intrisa di tensione erotica, un elemento che Le Fanu sviluppa con delicatezza e sottigliezza, forse per aggirare le rigide convenzioni morali dell’epoca vittoriana. Carmilla è una figura di desiderio proibito, che attrae e corrompe con la sua presenza. La sua vicinanza a Laura è allo stesso tempo protettiva e predatoria, creando una dinamica ambigua che sfida le norme di genere e sessualità dell’epoca. Questa ambivalenza erotica non solo arricchisce il testo di sfumature psicologiche, ma lo rende anche un esempio precoce di come la letteratura gotica possa esplorare tematiche marginali e trasgressive attraverso il filtro dell’orrore.

L’atmosfera gotica di Carmilla è uno degli elementi che più contribuiscono alla sua perenne fascinazione. Le Fanu crea un’ambientazione di isolamento e mistero, centrata su un castello remoto immerso in un paesaggio nebbioso e inquietante. Questo spazio diventa il teatro perfetto per i sogni angoscianti di Laura e per le apparizioni soprannaturali di Carmilla. L’uso sapiente di elementi come il silenzio opprimente, le ombre minacciose e i rituali arcani rafforza il senso di estraneità e pericolo. Ogni dettaglio è calibrato per immergere il lettore in un mondo sospeso tra realtà e incubo, dove il confine tra il razionale e l’irrazionale si dissolve.

La figura di Carmilla rappresenta una straordinaria incarnazione del potere femminile, ma anche della sua demonizzazione. Come vampira, Carmilla è una forza predatoria e autonoma, che si contrappone alle convenzioni di un mondo dominato dagli uomini. Allo stesso tempo, però, è vittima di un ordine patriarcale che la considera una minaccia da eliminare. La sua duplice natura — predatrice e perseguitata — rende Carmilla un personaggio complesso, capace di riflettere sia il fascino che il timore suscitati dalle donne indipendenti nell’epoca vittoriana. Attraverso di lei, Le Fanu esplora le paure culturali legate alla sessualità femminile e alla rottura delle norme sociali, creando una figura al contempo inquietante e profondamente tragica.

La struttura narrativa di Carmilla aggiunge un ulteriore livello di complessità al testo. Presentata come un “manoscritto ritrovato”, la storia è narrata in prima persona da Laura, che ricostruisce gli eventi con una prospettiva personale e, talvolta, inaffidabile. Questo espediente narrativo crea un equilibrio tra la soggettività del racconto e il mistero che avvolge i fatti, lasciando al lettore il compito di discernere tra ciò che è reale e ciò che è frutto della percezione distorta della protagonista. La scelta di Le Fanu di utilizzare questa tecnica conferisce alla novella un senso di intimità e immediatezza, rendendo l’orrore ancora più tangibile e coinvolgente.

Con Carmilla, Joseph Sheridan Le Fanu non solo getta le basi per il mito letterario del vampiro, ma crea anche un’opera che, attraverso il linguaggio dell’orrore gotico, interroga profondamente le ansie sociali e culturali della sua epoca. La sua capacità di fondere il soprannaturale con il dramma psicologico e la critica sociale rende questa novella un capolavoro intramontabile, ancora oggi capace di affascinare e inquietare i lettori.

In Carmilla, il tema del doppio è uno degli elementi più affascinanti e ricchi di significato. Laura e Carmilla rappresentano due poli opposti che si riflettono l’uno nell’altro: da un lato, l’innocenza e la purezza di Laura; dall’altro, la seduzione e il mistero di Carmilla. Questo dualismo è alla base della tensione narrativa, in quanto Carmilla non è solo un’altra presenza nella vita di Laura, ma una sorta di specchio oscuro che riflette desideri repressi e paure inconfessabili. La loro relazione è profondamente ambigua: mentre Laura è attratta dalla figura di Carmilla, prova anche un senso di disagio e di minaccia. Questo dualismo si traduce in un gioco costante tra vita e morte, eros e thanatos, che eleva la narrazione da una semplice storia di vampiri a un dramma psicologico complesso.

Il simbolismo del sangue in Carmilla è centrale e profondamente legato ai temi della vita, della morte e della sessualità. Il sangue non è soltanto la fonte della sopravvivenza per il vampiro, ma anche un veicolo di intimità e di connessione. Ogni attacco di Carmilla contro Laura assume un connotato sessuale e al contempo predatorio, sottolineando il legame tra desiderio e violenza. Il sangue è inoltre un simbolo di corruzione: il progressivo indebolimento di Laura riflette non solo la perdita fisica di vitalità, ma anche la contaminazione della sua innocenza. Le Fanu utilizza il simbolismo del sangue per esplorare il confine labile tra piacere e dolore, vita e distruzione, rafforzando il carattere perturbante della sua opera.

Un altro tema chiave che attraversa Carmilla è la critica alla società patriarcale. Il controllo maschile si manifesta chiaramente nel ruolo degli uomini che cercano di “ristabilire l’ordine” e liberare Laura dall’influenza della vampira. Carmilla è una minaccia non solo per la vita di Laura, ma anche per l’equilibrio sociale dominato dagli uomini. La sua presenza sconvolge le norme stabilite, incarnando una ribellione contro il potere patriarcale. La decisione finale di uccidere Carmilla non è solo un atto di sopravvivenza, ma anche un tentativo simbolico di riaffermare il dominio maschile, eliminando una figura femminile autonoma e sovversiva. Questo tema evidenzia come Le Fanu utilizzi l’orrore gotico per esplorare le dinamiche di genere e la repressione sociale dell’epoca.

L’elemento onirico e il subconscio giocano un ruolo cruciale nella narrazione, contribuendo a creare un senso di ambiguità e disorientamento. I sogni di Laura sono carichi di immagini inquietanti e simboliche, che sembrano anticipare la rivelazione della vera natura di Carmilla. Questi sogni, spesso al confine tra il reale e l’immaginario, fungono da canale attraverso il quale si manifestano le paure e i desideri repressi della protagonista. L’uso del sogno come strumento narrativo non solo amplifica l’atmosfera gotica, ma richiama anche temi psicanalitici che diventeranno fondamentali nella letteratura del XX secolo. Le visioni di Laura, intrise di erotismo e angoscia, sono uno specchio delle sue lotte interiori, rendendo il testo un’opera ricca di stratificazioni psicologiche.

Infine, Carmilla trae una parte significativa della sua forza dall’influenza del folklore europeo sui vampiri. Le Fanu rielabora miti e leggende del Vecchio Continente, adattandoli al contesto letterario vittoriano e creando un’opera che è sia profondamente radicata nella tradizione che innovativa. Il vampiro come aristocratico decaduto, la predazione notturna e l’immortalità sono tutti elementi che affondano le loro radici nel folklore dell’Europa orientale, ma che Le Fanu trasforma in strumenti per esplorare temi universali come la mortalità, il desiderio e la paura dell’ignoto. La scelta di un ambiente isolato e intriso di mistero amplifica il fascino di questi elementi folklorici, creando un senso di atemporalità che contribuisce alla longevità dell’opera.

Con la sua combinazione di temi psicologici, simbolismo potente e radici folkloriche, Carmilla si distingue come una delle opere più significative della letteratura gotica. Le Fanu non si limita a scrivere una storia di vampiri, ma crea un testo che, attraverso il linguaggio dell’orrore, indaga le profondità dell’animo umano e le contraddizioni di una società in transizione. Questo lo rende un capolavoro immortale, capace di affascinare i lettori di ogni epoca.

Il Vampiro di John William Polidori: l’aristocratico che ha cambiato la letteratura gotica

Pubblicato nel 1819, Il Vampiro di John William Polidori segna una svolta fondamentale nella storia della letteratura gotica, introducendo per la prima volta la figura del vampiro aristocratico che avrebbe influenzato generazioni di autori. Nato in un contesto leggendario, durante l’estate del 1816 trascorsa a Villa Diodati sulle rive del Lago di Ginevra, il racconto deve la sua genesi a una notte di temporali e al gioco letterario proposto da Lord Byron ai suoi compagni di viaggio. Polidori, medico personale di Byron e partecipe di quelle serate, trovò nell’ombra del celebre poeta una fonte di ispirazione complessa e ambigua.

Il racconto, inizialmente attribuito proprio a Byron, si lega indissolubilmente alla personalità del suo protagonista, Lord Ruthven. Questo vampiro, tanto elegante quanto spietato, rappresenta una netta rottura con la tradizione folklorica. Polidori abbandona l’immagine del vampiro come creatura demoniaca e ripugnante, tipica delle superstizioni rurali, per dare vita a un essere sofisticato, freddo e manipolatore, che si muove con disinvoltura nei salotti dell’alta società. Ruthven è più un predatore sociale che una creatura del mito: seduce, corrompe e distrugge le sue vittime con una disarmante eleganza, incarnando un male nascosto dietro l’apparenza del fascino e dello status.

Questa trasformazione non è solo stilistica, ma rivela un sottotesto morale e sociale profondo. Ruthven è il simbolo della decadenza dell’aristocrazia, un uomo che sfrutta il potere e il privilegio per soddisfare la sua sete di distruzione. Attraverso di lui, Polidori costruisce una critica implicita alla nobiltà del suo tempo, mettendo in evidenza il contrasto tra virtù e decadenza. Le vittime di Ruthven, come il giovane e innocente Aubrey, non sono solo individui, ma rappresentano l’intera società che soccombe alla corruzione morale mascherata da fascino e carisma.

L’influenza di Lord Byron, sia come ispirazione diretta per il protagonista sia come figura reale che aleggia sul racconto, è impossibile da ignorare. Polidori, che nutriva un rapporto conflittuale con il poeta, sembra aver riversato in Ruthven un ritratto deformato e maligno di Byron stesso, enfatizzandone i lati più oscuri: il magnetismo pericoloso, l’indifferenza per le conseguenze delle proprie azioni e l’attitudine a manipolare chiunque gli stia vicino. Questo rende Il Vampiro non solo una pietra miliare della narrativa gotica, ma anche una sorta di vendetta letteraria, in cui Polidori elabora la propria frustrazione verso una figura tanto ammirata quanto temuta.

Con questo racconto, Polidori non ha solo ridefinito la figura del vampiro, trasformandolo in un’icona letteraria sofisticata e inquietante, ma ha anche aperto una nuova strada per la narrativa dell’orrore. Il vampiro di Il Vampiro è molto più che un semplice mostro: è una metafora potente dei mali della società, una critica alla decadenza del privilegio e un’esplorazione dell’ambiguità morale. L’opera di Polidori, nata quasi per caso in una notte di giochi letterari, continua a risuonare nella cultura contemporanea come un archetipo immortale.

La struttura narrativa de Il Vampiro si distingue per la sua essenzialità e per un ritmo sorprendentemente rapido, soprattutto se confrontato con le lente e spesso prolisse narrazioni gotiche dell’epoca. Polidori costruisce una trama che, pur nella sua brevità, riesce a mantenere il lettore costantemente in tensione. L’uso della suspense è sapiente: l’inquietante presenza di Lord Ruthven domina il racconto, rendendolo un personaggio che si muove come un’ombra tra gli eventi, sempre al limite tra il visibile e l’ignoto. L’atmosfera gotica, alimentata da paesaggi esotici e cupi, non è mai sovrabbondante ma essenziale, creata con pochi dettagli evocativi che amplificano il senso di minaccia e mistero. Il ritmo serrato non sacrifica l’intensità emotiva e narrativa, ma la esalta, mantenendo viva l’attenzione del lettore fino alla tragica conclusione.

Uno dei temi centrali del racconto è il fascino e il terrore dell’immortalità, incarnati nella figura di Ruthven. La sua natura vampirica lo rende un essere che trascende i limiti umani, ma questa eternità non è priva di orrore. Polidori non descrive mai direttamente il peso dell’immortalità su Ruthven, ma il suo comportamento e la sua natura predatoria suggeriscono un’esistenza priva di scopo, animata solo dal perpetuo ciclo di distruzione. Questa immortalità è posta in netto contrasto con la fragilità di Aubrey, la giovane vittima umana che, nonostante la sua ingenuità e il suo fervore morale, si rivela impotente di fronte alla manipolazione e al male. Polidori, in questo modo, esplora il divario tra il desiderio umano di trascendere la morte e l’orrore di un’esistenza eterna svuotata di valori.

La relazione tra Ruthven e Aubrey è il cuore pulsante del racconto, un gioco di potere e seduzione che riflette la dinamica tra carnefice e vittima. Ruthven non usa mai la forza per piegare Aubrey; lo seduce, non in senso sessuale, ma psicologico. Il giovane è attratto dal fascino e dal carisma di Ruthven, senza rendersi conto di essere strumentalizzato. Questa dinamica di potere è particolarmente significativa: Ruthven rappresenta il predatore definitivo, capace di distruggere senza mai esporsi, lasciando che le sue vittime si perdano nella propria ingenuità e fiducia. Polidori traccia con grande finezza questo processo di annientamento, rendendo Ruthven un personaggio che affascina e spaventa in egual misura.

L’influenza de Il Vampiro sulla letteratura successiva non può essere sottovalutata. Sebbene spesso oscurato da opere più celebri come Dracula di Bram Stoker, il racconto di Polidori è il primo a consolidare l’archetipo del vampiro moderno. La figura di Ruthven, con il suo fascino aristocratico e la sua crudeltà raffinata, trova eco diretta in Dracula, così come in innumerevoli altre opere di narrativa e cinema. L’idea del vampiro come predatore elegante e sofisticato è una creazione di Polidori, che trasforma la figura folklorica in un’icona letteraria universale, capace di adattarsi ai contesti più disparati.

Ma Il Vampiro non è solo una pietra miliare della letteratura gotica; è anche una sottile critica alla società dell’epoca. Polidori dipinge un’aristocrazia corrotta e ipocrita, incarnata in Ruthven, che usa il suo potere non per proteggere o guidare, ma per distruggere. Dietro il fascino e il lusso dell’aristocrazia si nasconde un vuoto morale, un’inclinazione al male che riflette le tensioni sociali del tempo. Il contrasto tra apparenza e realtà è un tema ricorrente nel racconto, con Ruthven che simboleggia la facciata perfetta sotto cui si cela la corruzione più profonda.

Il Vampiro di Polidori è quindi molto più di un semplice racconto dell’orrore. È una riflessione sull’immortalità, sul potere, sulla corruzione e sulla vulnerabilità umana, racchiusa in una narrazione tanto breve quanto incisiva. Il suo impatto sulla letteratura e sulla cultura rimane innegabile, un testamento alla capacità di Polidori di catturare, in poche pagine, l’essenza del gotico e la complessità dell’animo umano.