La strage di Calendasco

Gli amanti di Calendasco

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Fulgenzio ed Alice furono massacrati una sera di mezza estate in quella che è passata alle cronache come la strage di Calendasco. Si erano conosciuti sin dall’infanzia perché lei, figlia di poveri braccianti agricoli, viveva in una miseranda casa attigua alla dimora padronale dove viveva Fulgenzio, in quel di Calendasco, un borgo piacentino abitato in quel tempo da poco meno di quattromila anime. E nel cortile della grande cascina i figli dei ricchi padroni e quelli dei miseri contadini potevano mischiarsi. I primi senza eccezione curati e ben vestiti, i secondi spesso trasandati e sempre con umili indumenti, ma nell’innocenza della loro fanciullezza, quelle non erano ancora barriere che potessero separare gli uni da gli altri. Con il sopraggiungere dell’adolescenza e gli iniziali rudimenti dell’educazione, i due giovani avevano imparato presto che, secondo gli usi del tempo, le proprie vite erano destinate a non doversi mai più incrociare. E per quanto la giovinetta fosse ben certa e consapevole di non poter anelar nemmeno in sogno alla compagnia del bel Fulgenzio, quest’ultimo, sin da allora di indole ribelle, non si rassegnava affatto a dover seguire i costumi, le regole e le consuetudini dell’epoca.

A dispetto delle aspettative del vecchio padre, che per il suo unico figlio maschio progettava un futuro a fianco di qualche fanciulla ricca e di buona famiglia, Fulgenzio si innamorò, contro ogni ragionevole previsione, proprio di quella umile e povera contadinella.

Da prima i due iniziarono con lo scambiarsi degli sguardi diversi da quelli che erano stati abituali durante i giochi dell’infanzia, poi anche il modo di parlare tra loro divenne diverso, nelle forme, ma soprattutto nei contenuti. Infine, una sera di fine estate all’inizio degli anni trenta, Fulgenzio si decise a prendere l’iniziativa, si appartò con la ragazza in un angolo buio della cascina, e dopo essersi dichiarato la baciò sulla bocca.

Lei arrossì per l’emozione, senza fiatare si aggrappò al collo del bel Fulgenzio e ne corrispose le attenzioni, incurante delle conseguenze. Per entrambi era quello il primo bacio, e segnò l’inizio di una storia d’amore appassionata e travolgente, che gli avrebbe legati a lungo contro ogni avversità.

E le tribolazioni per i giovani innamorati iniziarono subito. Per timore di dar scandalo si incontravano di nascosto, in qualche capanno in aperta campagna, o in altri luoghi lontani da occhi indiscreti. Il loro amore clandestino e segreto ebbe però vita breve, qualcuno un giorno li vide insieme e in un lampo la loro relazione divenne di pubblico dominio sino a giungere alle orecchie del vecchio padre di Fulgenzio.

Il genitore la prese molto male ed impazzì di rabbia. Mandò a chiamare il padre della ragazza e gli intimò di tener in casa la figlia scostumata, minacciando le più radicali rappresaglie se non fosse stato ubbidito. Quindi, dopo averlo convocato al suo cospetto, affrontò il figlio con le più scorbutiche intenzioni.

“Come hai osato gettare ombra sul rango della tua famiglia? Non sai tu che con quella pezzente non hai nulla da spartire né oggi né mai ne avrai in futuro?”  lo interrogò con il volto irrigidito dall’irritazione, con cipiglio minaccioso e con occhi severi, di quelli che non ammettono repliche.

“Padre, io amo quella giovane e la prenderò in sposa, mi rammarico che la cosa Vi sia sgradita, ma questo è il mio intendimento” rispose il giovane Fulgenzio arrossendo per l’emozione, ma dando prova di insospettabile fermezza e sfrontatezza, dinnanzi all’uomo che lo aveva sino a quel giorno considerato come una delle tante proprietà, delle quali poteva disporre a piacimento e senza render conto delle proprie decisioni.

“Maleducato!” esclamò il padre, indietreggiando due passi, tutto imbruttito per l’indignazione, e piantandogli in faccia due occhi inquisitori lo ammonì: “Sei senza creanza, e dunque è così che ora ti rivolgi al padre tuo? Ma stai ben certo che senza il mio consenso nessuna di queste tue malsane intemperanze potrai condurre a compimento. Faresti meglio a mettere giudizio in fretta o queste tue spalle da mascalzone conosceranno le carezze che ti sarai così maldestramente meritate!”

“Padre, io non temo la vostra ira e nemmeno le vostre punizioni” disse il giovane sommessamente, sapendo bene che rischiava di essere sonoramente legnato.

“Sono pronto a sopportare ogni violenza o privazione” proseguì sfidando l’autorità paterna, “ma nulla potrà dividermi dalla mia amata, e il mio destino sarà di unirmi a lei, che Voi lo vogliate oppure no!”

“Questo è troppo figlio sciagurato!” replicò il vecchio schiumando rabbia, “sapevo della tua indole ribelle, che si manifestò sin dall’infanzia, ma giungere a tanta irriverenza ed insolenza non è cosa che si possa lasciar passare come una qualunque marachella. Ora io mi pento di averti fatto parte delle antiche prerogative del nostro casato. Mi chiedo con terrore se un animo così indisciplinato ed un indole tanto poco rispettosa delle tradizioni, potranno mai consentirti di tener fede agli obblighi che il portare il tuo cognome comporta! Non voglio più vederti sino a quando non avrai riconsiderato i tuoi propositi.”

Il vecchio sembrava una belva in gabbia e si muoveva inquieto davanti lo scrittoio dello studio dove aveva ricevuto l’ingrato figlio. Ormai aveva deciso di allontanarlo, e così gli urlò indicando l’uscio con impeto furente: “Ora lasciami col mio dolore ed esci da questa casa!”

Fulgenzio, che era rimasto immobile col capo chino, rassegnato ad ascoltare in silenzio la rampogna del genitore irato, fu sulle prime colto alla sprovvista, non avendo preventivato di poter essere cacciato di casa. Ma dopo l’iniziale sbalordimento si riprese, e ostentando un orgoglio anche eccessivo, uscì da dove era venuto, e da quel giorno non fece più ritorno alla casa paterna né si riconciliò più con il burbero padre.

Nei suoi intendimenti Fulgenzio desiderava trasferirsi a Milano con la sua amata Alice. Ma quando lo venne a sapere Sandrino, un giovane attivista del locale partito comunista, fu l’inizio della fine.

Anche Sandrino amava Alice, e non poteva sopportare che lei gli preferisse un ricco, un borghese, un nemico del popolo.

Il giovane comunista aggredì la coppia appartata nelle campagne, ed assassinò Fulgenzio fracassandogli la testa a sassate. Alice cercò di impedirlo, con il solo risultato di beccarsi una coltellata nella pancia.

Fulgenzio ed Alice morirono assassinati nella strage di Calendasco, una sera di mezza estate.

Il duplice omicidio fu derubricato a delitto politico e Sandrino beneficiò dell’amnistia Togliatti, senza fare nemmeno un giorno di carcere.

 

 

 

I fatti narrati sono di pura fantasia, ogni riferimento a persone  o fatti reali o realmente accaduti è del tutto casuale

Scritto da Anonimo Piacentino

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2 pensieri su “La strage di Calendasco

  1. Ma tu sei stupendo fulgenzio..ti trovassi io ti sposerei! Giovane ragazzo innamorato e coraggioso.. Una storia che finisce bene..be delle volte ci vuole..

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